La giustizia spiegata a chi non la segue. Cenni sulla Riforma. Angelino Alfano, Ministro della Giustizia, sale al Quirinale. Presenta i tratti fondamentali della riforma della Giustizia al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Napolitano, che pure ha memoria lunga, e che sa di politica italiana, frequentandone il Parlamento quasi senza pause dal 1953 ad oggi, ha vissuto gli orrori del ventennio fascista e patito le umiliazioni più recenti della loggia P2. In effetti, il “piano di rinascita democratica”, fra i suoi numerosi punti che una volta raggiunti avrebbero portato ad un nuovo ordine, prevedeva di intervenire anche sul sistema giustizia.
La Magistratura, potere periodicamente esaltato ed attualmente inviso agli dei, ricopre un ruolo irrinunciabile nello scacchiere comprendente i poteri esecutivi, legislativi, e, per l’appunto, giudiziari.
I c.d. “operatori del diritto”, in particolare i magistrati, previa vittoria di un concorso pubblico, ricoprono due funzioni: – la funzione Giudicante (da cui, il Giudice), o – la funzione Inquirente (rivestita dal Pubblico Ministero). I magistrati stessi, ricoprenti la funzione giudicante sia quella inquirente, sono sottoposti a provvedimenti disciplinari per il loro operato.
L’organo che prende i suddetti provvedimenti è il Consiglio Superiore della Magistratura, ai sensi dell’articolo 105 della Costituzione. Un magistrato, quando sbaglia, paga. E a volte paga molto salato. Più di quanto potrebbe mai scontare con una sanzione pecuniaria. Il C.S.M. è l’organo di autogoverno della Magistratura. E’ presieduto dal Presidente della Repubblica. Gli altri membri, per un totale di ventisette, sono per un terzo eletti dal Parlamento, per i restanti due terzi sono eletti dai magistrati in seduta comune con professori universitari in materie giuridiche e avvocati esercitanti la professione da almeno quindici anni.
Questo perché viviamo in uno stato di diritto, onde per cui è necessaria una magistratura indipendente, soggetta solo alla legge (articolo 101 comma 2 della Costituzione, spesso evocata anche da chi la calpesta) e non condizionabile dal potere politico.
Eccoci dunque ad oggi: la Riforma prevede la separazione delle funzioni dei magistrati.
Chi sceglie di fare il giudice non può né potrà passare a fare il pubblico ministero. E viceversa.
Separazione già tentata con la Legge Castelli del 2005 poi accantonata dalla Legge Mastella del 2007 che ripristina lo status quo ante bellum. Ora ci riprovano, accompagnando la separazione delle carriere ad uno scisma del C.S.M.; uno per ciascuna funzione. Sorvoliamo sul fatto che la dipendenza della funzione inquirente dal Parlamento era uno dei punti cardine del programma di un gruppo di soggetti che voleva sovvertire l’ordine costituito. Chiamiamola curiosa coincidenza.
Con questa riforma si crea un corpo scelto, direttamente collegato al potere politico. Si ha un’inequivocabile rottura del principio di separazione dei poteri. Ve li ricordate gli agenti della Gestapo, la Stasi? Bé, in nome della libertà di qualcuno anche noi “studiamo” per avere una giustizia ed una polizia analoghe (viene meno anche quanto ora stabilito dall’art. 109 Cost: la disponibilità della polizia da parte dell’autorità giudiziaria, poiché la polizia farà capo al Ministro dell’ Interno, un soggetto Politico, non giudiziario). La Marcia continua.
11/03/2011